Come superare queste barriere fisiche e politiche utilizzando la nostra quotidianità senza scadere nell’ormai incontrollata quantità di materiale fotografico che viene caricato ogni secondo sui social network?
Con questa domanda abbiamo aperto la discussione al Centro Italiano VIC a Gaza, cercando di costruire una narrazione condivisa di quelli che sono gli strumenti utili per uscire da questo stato di assedio permanente.
Per farlo ci siamo posti la domanda di quale potrebbe essere un ottimo esempio di fotografia semplice e umana.
Vivian Maier è stata scelta come punto di partenza del nostro workshop.
Un’ umanità che traspare da ogni sua foto, una delicatezza che ha subito catturato la nostra attenzione.
Per raccontare la quotidianità di questo luogo è necessario strutturare l’uso di un linguaggio chiaro e disciplinare gli scatti.
Nella miriade di foto possibili, grazie all’utilizzo dei nuovi dispositivi digitali, preservare la qualità è necessario per sviluppare un discorso che possa sfondare quelle frontiere che rendono Gaza la più grande prigione esistente.
L’utilizzo di Vivian come mirabile esempio apre però una grossa contraddizione, dal momento che lei voleva mantenere privata la sua vita mentre noi vogliamo utilizzarla come esempio di possibile narrazione visiva.
Restiamo un po’ perplessi rispetto alla “violazione” pubblica fatta dopo la scoperta di tutto il materiale di una vita e questo fa si che si apra un’altra interessante discussione su come gestire la pubblicazione dei contenuti delle nostre quotidianità, ora che i social permettono a tutti noi di essere visti dal mondo intero.
Non ci addentreremo molto nella profondità di quanto discusso, certo possiamo dire che qui, soprattutto per le donne, il limite è un confine difficile da valicare, specialmente quello dell’intimità.
Vivian in questo ci aiuta rispetto alla profonda empatia che si prova nell’osservare il racconto della sua vita tramite gli scatti ritrovati, cercando di traslare la stessa sensibilità nei nostri obbiettivi.
Partendo da questa breve introduzione cerchiamo quindi di trovare nei nostri scatti una forma di emancipazione possibile, che liberi idealmente questo luogo.
Utilizzando la tecnica del self-portrait cercheremo di raccontare gli spazi di libertà per poter sviluppare un desiderio comune, liberarci e liberare questa terra.