La spazzatura è un problema globale.
E’ risaputo.
Nella situazione di assedio in cui versa la Striscia di Gaza, la gestione dei rifiuti diventa una catastrofe.
A Gaza si producono 90 tonnellate di rifiuti solidi al giorno. Non c’è raccolta differenziata (a volte non è possbile nemmeno la mera raccolta), non esiste un sistema per smaltirli e quindi per riciclarli e riutilizzarli.
I partner con cui ci siamo confrontati denunciano questa condizione e segnalano la mancanza di fondi e di mezzi per attuare modalità ecocompatibili ed ecosostenibili nel rispetto della natura e del paesaggio, agreste e marittimo (diversi sono i progetti pronti che non possono essere avviati per l’assenza di denaro).
Disporre di materiale e macchinari, inoltre, è a volte impossibile: sette anni fa, per esempio, dei compressori sono stati resi inutilizzabili. Il passaggio da Israele ha lasciato, per dirlo con un eufemismo, il suo segno.
A tutto questo si aggiunge l’immobilismo sociale imposto dalle istituzioni che sostengono poco le comunità e municipalità dal punto di vista della sensibilizzazione tra e per la popolazione.
I problemi si moltiplicano ed il risultato è mortale:
discariche a cielo aperto non a norma su terreni in cui i beduini portano le pecore a pascolare e i bambini a giocare.
Enormi pozzi neri, o meglio, vere e proprie piscine di acque fognarie non recintate: un pericolo per la salute e per l’incolumità nella vita quotidiana. Anni fa 6 bambini sono morti cadendoci dentro.
La spiaggia, luogo frequentato soprattutto d’estate, ma vissuto tutto l’anno dai pescatori, divente un’ennesima discarica: una distesa di spazzatura inospitale mentre dovrebbe essere luogo di intrattenimento, socialità, incontro.
Parchi giochi degradati, senza cestini che si trsformano in ricettacoli di rifiuti.
Partiremo da qui, dalle necessità per andare oltre e insieme pensare ad un piano di lavoro dalla formazione alla pratica, dalla pratica ad un percorso di sensibilizzazione che continui nel tempo.